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Foto di Giordano Bianchi per BorderStudio
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COME VORREI CHE DIVENTASSE TRIESTE
 
Una città con un respiro ampio e diverso
  1. un respiro pulito, alleggerito dall'inquinamento delle auto, restituendo ai cittadini una città con una pedonalizzazione gradualmente sempre più estesa ma di buon senso, con piste ciclabili, con spazi gioco per i bambini, con una pulizia continua e attenta;
  2. un respiro internazionale che sia riscontrabile in una vera e sentita vocazione turistica, nella capacità di accogliere e dedicare tempo e cura agli ospiti, con una regia centrale che ottimizzi i costi delle iniziative, valorizzando il patrimonio culturale cittadino, la produttività, l'artigianato e il commercio locale;
  3. un respiro sociale che restituisca ai cittadini spazi comuni da utilizzare (Portovecchio, edifici, aree verdi) per start up e mini imprenditoria, sport e attività comuni;
  4. un respiro culturale, perché insieme all'edilizia, è il motore della ripresa economica secondo le principali teorie economiche, e non la prima spesa da tagliare
  5. un respiro sano per una ricerca sempre maggiore delle salute perché le persone possano essere sempre al centro, con una maggiore assistenza del paziente sul territorio rafforzando la collaborazione con tutte le strutture sul campo, dai distretti sanitari alla farmacie.
  6. ascoltare il respiro dell'altro, soprattutto giovani, donne, anziani: assistenza e ascolto alle difficoltà quotidiane, alla mancanza di lavoro, alle categorie più deboli e bisognose di aiuto, per raccogliere i bisogni dei nostri concittadini per portarli all'attenzione del Consiglio Comunale
 
 


 
L'esperienza fatta candidandomi 
al Consiglio Comunale di Trieste nel 2016
mi ha fatto capire che quello della politica
è un mondo che non mi piace,
nonostante il successo personale che ho ricevuto: 
troppe parole che ​​​​troppo spesso
non corrispondono
alle azioni; 
troppi compromessi e "inciuci".
 
Anche se l'idea di fare politica continua a piacermi.
 
Ma una politica diversa, che si diffonde tramite i gesti,
le azioni, non quella di chi urla di più o fa il furbetto.

Sono convinto che sia l'unico modo per acquisire credibilità, assieme alla trasparenza e aad un'infinità onestà intellettuale.
Sarà sicuramente più lento ma sicuramente
più credibile e affidabile

Dover assistere alla demolizione di un luogo di cultura,
invece che alla costruzione di uno nuovo,
è stata un'offesa sciagurata a chi l'aveva donato alla città,
alle persone che sacrificano la propria vita
investendo nella ricerca e nello studio
invece che nei facili guadagni,
a chi nella cultura crede e investe,
soprattutto se è un imprenditore.

È stata una delle azioni più diseducative che io abbia mai visto.

Un segnale chiaro della regressione mentale e culturale
che stiamo attraversando, dove dominano solo
l'apparire in modo totalmente appiattito,
il conformismo dell'immagine,
l'importanza del cibo come unico nutriente, 
il risultato economico, vero o millantato,
come unico parametro di valore,
i social come unico veicolo di informazione 
e rappresentazione di sé,
tutti con la stessa espressione - duck face -
lo stesso trucco, gli stessi abiti, le stesse pose...

E sembra che non esista altro.

E non esisterà più se si è concesso di abbattere un teatro.

Mi domando dove altro sia successo

Poveri noi.
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